La banalità del bene: il racconto di due fratelli che sono accorsi dove una persona si era buttato da dieci metri ed era nel fiume e che, subito dopo aver consegnato il ferito ai soccorritori, si erano allontanati di Marco Sabia
VINCI. «Abbiamo visto una donna sul ponte che urlava mentre guardava sotto. Ci siamo avvicinati e abbiamo capito che c’era qualcuno in acqua, così siamo scesi giù e con quello che abbiamo trovato lo abbiamo salvato». Alla fine i due eroi che hanno salvato l’uomo caduto dal ponte tra Empoli e Sovigliana, intorno alle 19 di lunedì 25 settembre, si sono palesati: sono due giovani uomini albanesi ma ormai empolesi d’adozione, di 32 e 35 anni, che vivono in città da anni. Due fratelli, per la precisione: Mariglen Kalori – il maggiore – e Dorian Kalori, di tre anni più giovane.
Stavano tornando da lavoro, in un tranquillo lunedì pomeriggio, almeno fino a quando sono passati dal ponte che da Sovigliana conduce a Empoli. Lì, per loro, la giornata ha preso un’altra strada: «Abbiamo sentito una donna – racconta Mariglen – che urlava e guardava giù dal ponte, così siamo scesi dal camion e siamo andati a vedere. Mio fratello nel frattempo ha percorso i gradini che portano sul letto del fiume. Un idraulico che passava di lì ci ha dato una corda, alla quale abbiamo legato un legno. L’abbiamo lanciata a quell’uomo e siamo riusciti a tirarlo a riva e a salvarlo. Poi siamo tornati sulla strada e l’abbiamo adagiato sulla panchina, in attesa dei soccorsi».
Ma perchè i due poi se ne sono andati? «Abbiamo aspettato che il dottore ci dicesse che era tutto a posto, poi siamo andati a casa. Per farla breve abbiamo fatto il nostro dovere in quel momento. Non è che abbiamo fatto chissà cosa, però senza quella corda non so se sarebbe riuscito a resistere alla corrente, che avrebbe potuto trascinarlo via. Anche perchè ad aiutarlo materialmente a risalire c’eravamo soltanto noi». Mariglen e Dorian sono due ragazzi timidi, che fanno fatica a raccontare quei concitati momenti: il loro scendere le scale con un pezzo di corda e un legno, tuttavia, ha fatto la differenza per l’uomo in acqua, che così ha trovato all’improvviso due angeli custodi.
Un mix di ingegno e puro istinto di sopravvivenza, venutosi a creare nel posto giusto al momento giusto. Magari se quella donna non si fosse messa ad urlare Dorian e Mariglen non si sarebbero fermati e quella corda non sarebbe diventata un’ancora di salvezza, nel vero senso del termine. Nella loro testa quei pochi minuti di apnea difficilmente se ne andranno, tanto che ancora si chiedono quali siano le condizioni fisiche di quel cinquantenne che hanno visto in difficoltà nell’Arno. L’uomo – che era volato da 10 metri – incredibilmente ne era uscito senza traumi gravissimi, tanto da riuscire a risalire i gradini che separano il letto del fiume dalla strada.
Una volta adagiato il ferito su una panchina lì presente, i fratelli Kalori avevano chiamati i soccorsi, giunti in forze con ambulanza (con medico a bordo) e vigili del fuoco, già pronti col gommone per la ricerca del disperso, che per fortuna non era servito a niente. Poi, quando l’uomo era stato adagiato sulla barella e caricato sull’ambulanza per le cure dei sanitari, i due giovani uomini si erano allontanati, facendo perdere le loro tracce. Sul posto si erano creati dei capannelli di persone per capire cosa fosse accaduto e perchè la strada fosse bloccata dai mezzi di soccorsi. La voce era pressoché soltanto una: un uomo si era lanciato dal ponte e due ragazzi erano scesi giù a salvarlo. Di quei due eroi, però, non c’era più traccia.
I soccorritori li avevano visti, si erano fatti spiegare cos’era accaduto e poi li avevano rassicurati. Così i due fratelli erano tornati a casa. Soltanto il giorno dopo -quando hanno letto quello che era accaduto sul nostro giornale – hanno deciso di raccontare la loro versione, con tanta timidezza, senza prendersi meriti eccessivi. Però, timidezza a parte, quello che conta e che rimarrà è il gesto dei due fratelli, che non sono più “eroi misteriosi”.